domenica 24 maggio 2009

qualche tempo fa...

Il diciotto aprile sul taccuino ho scritto:

Manca poco alla partenza e comincio ad essere agitato. Purtroppo non ho ottenuto i mille dollari di borsa di studio e non ho ancora capito perchè. Sto perdendo fiducia nella bontà del progetto. Mi sto convincendo che l’antropologia deve essere attiva e mirare al cambiamento in positivo. A cosa contribuisce la mia ricerca? Da Iglulik non ho notizie quindi dubito che riuscirò a trovare un alloggio da quelle parti. E’ un peccato che si stiano comportando così male perchè davvero ci tenevo a visitare quella comunità, poteva essere un punto di svolta per la tesi. Vabbè aspettiamo il tempo che mi resta prima di partire e vediamo come va. Potrei rischiare di passare quattro mesi ad Iqaluit, speriamo di no perchè non so quanto possa essermi utile.
Credo sia opportuno partire con un bagaglio di domande e di approcci il più vasto possibile. Dall’antropologia urbana all’antropologia dell’ambiente o dello spazio, che comunque vorrei rimanesse il centro del mio lavoro di ricerca. Le storie sono i margini, il corollario, ma al centro tengo il rapporto uomo-luogo. E’ questo che voglio fare. Uso critico dei concetti di pratiche, narrazione e rappresentazione.

Come si costruisce il paesaggio nella memoria degli inuit: storie e narrazioni; questo potrebbe essere un buon titolo, un buon approccio. Ricordarsi di raccogliere più materiale possibile.

Sarebbe bello seguire Mosha nei suoi spostamenti, ma credo che la cosa sia un po’ infattibile. Controllare le mail e scrivergli ancora.


Mosha Folger è un poeta di madre inuit e papà di Brooklyn. Vive e lavora a Ottawa realizzando performance di spoken poetry, video, e dischi simil hip-hop. L'ultimo lavoro interessante è un disco in uscita il 9 luglio. Il titolo è ESKIMOCENTRICITY.
Ve lo ripoterò ad ottobre assieme al mio parere.
Un altro progetto che però prosegue a rilento e che mi sarebbe tanto piaciuto seguire è un videodocumentario che Mosha e la sorella vorrebbero realizzare ripercorrendo gli spostamenti della mamma inuk, mancata prematuramente quando i due erano adolescenti.

venerdì 22 maggio 2009

musica

Quindici minuti digestivi dopo il pranzo. Tazza bianca, crepata, striscia di fondi di caffè che raggiunge il bordo. Ho quindici minuti di relax prima di rimettermi a studiare e ne ho sprecati due a guardare una zanzara sul muro. Tredici minuti per rilassarmi e pensare a qualcosa di gustoso. E cosa mi viene in mente? Di scrivere una lista di album e autori che devo mettere sull'ipod per il viaggio. Ma vi pare?
Fattostà che l'ho scritta e ho fatto una selezione piuttosto varia, tanto di spazio ce n'è però si accettano consigli, è tutta roba che ho già sentito. Consigli nuovi. Roba ruvida, urbana, che mi faccia da sountrack. Capito? Roba che quando l'ascolti vedi la strada e i muretti di cemento, e senti come quando passi la mano sui mattoni ruvidi, o come quando da piccolo cadi e ti sbucci le ginocchia e le mani. Non fa male, ma urta. Lo senti. Ti dice che nonostante tutto ci sei.

Arbe Garbe: Jacume! E Iubilaeum;
The Blues Brothers: Briefcase Full of Blues, Made in America
Bluvertigo: Acidi e Basi, Metallo Non Metallo, Pop Tools
The Clancy Brothers: varie
The Dubliners: varie
The Pogues: discografia completa
Dulco “Granoturco” Mazzoleni: C’era una volta un cappello
Eddie Vedder: Into the Wild soundtrack
Gianmaria Testa: Altre latitudini
Glenn Miller: In the Mood
Jabberwocky: Musicoviandanti
Johnny Cash: Discografia completa
Le mitiche pirie: II e III
Mercanti di Liquore: Cosa te ne fai di un titolo, La musica dei poveri, Sputi
Mortimer Mc Grave: Celtamente
Pete Seeger: American Favorite Ballads 5 voll
Pitura Freska: Duri i banchi, Golden, Gran Calma, ‘Na Bruta Banda, Olive, Yeah, Olive II
Rancid: Life Won’t Wait
Ray Charles: varie
Rino Gaetano: Aida, E io ci sto, Ingresso Libero, Mio fratello è figlio unico, Nuntereggae Più
System of a Down: Steal this Album
Bad Religion: discografia completa
AA.VV: Canti anarchici, Canzoni di lavoro e di lotta
Modest Mouse: The Moon and Antarctica
Gogol Bordello: discografia
Mozart: Requiem
Chopin: Nocturnes
Theolonius Monk: discografia completa

Sul perchè di questo viaggio

Il lupo artico (Canis lupus arctos), noto anche come lupo polare o lupo bianco, è un mammifero della famiglia dei Canidi e una sottospecie di lupo grigio. Il lupo artico vive nell'Artico canadese e nelle regioni settentrionali della Groenlandia.
Da piccolo volevo andare nell’Artico per studiare i lupi e così si sarebbe dovuta aprire la mia tesi di laurea. Una tesi su quei magnifici, eleganti, candidi esemplari di Canis lupus arctos di cui ero in tenera età un sognante e appassionato studioso. Il mio sogno era fare l’etologo, poter vivere coi lupi artici e scrivere di loro.
Mi sentivo così poco adatto alla vita umana, da sognare di vivere con specie nettamente diverse dalla mia. Col passare del tempo forse ho un po’ accantonato l’idea del lupo artico però ho continuato ad immaginarmi naturalista finendo il liceo e frequentando due anni presso la facoltà di Agraria dell’Università di Udine, conservando però sempre i numeri monografici di Airone o Natura-oggi dedicati a questa specie. L’incontro con l’antropologia fu durante l’adolescenza ma fummo cordiali conoscenti prima di diventare teneri amanti verso i miei ventuno anni, quando decisi di cambiare facoltà. Sulla soglia dell’età adulta mi accorsi che se avessi continuato su quella strada forse sarei arrivato in un luogo che forse non avrei apprezzato, non so davvero se stessi sbagliando, era un’impressione.
Avevo fatto mia la frase di Konrad Lorenz quando dice «chi infatti ha contemplato con i propri occhi la bellezza della natura non è destinato alla morte come pensa Platen, bensì alla natura stessa, di cui ha intravisto le meraviglie. E se ha davvero gli occhi per vedere costui diventerà inevitabilmente un naturalista». Mi sentivo come se stessi tradendo la mia natura, il mio naturale scopo, la mia vocazione; ma avevo contemplato nel frattempo forse il prodotto più singolare della Natura, o meglio quella categoria di prodotti di cui io stesso facevo parte, l’uomo. E mi sono innamorato di lui.
Così sono in partenza per l’Artico per mantenere la promessa fatta al bambino che ero. Cambia leggermente il motivo del viaggio, il fascino e i modi restano invariati. Vivrò nell’Artico, immerso in una diversità forse non così evidente come quella di un branco di lupi, ma che altrettanto ben si presta ad essere oggetto della mia insaziabile curiosità. Vivrò lontano da casa. Scriverò di questo e del “branco” che mi accoglierà. Scriverò del mio quotidiano incontro con le persone.

Che poi sono convinto che tutto questo ambaradan, questo prepara i bagagli, cosa ti serve?, prenota il volo, richiedi il visto, leggi, studia, informati, dove vivrai? chi ti ospiterà?, insomma tutta questa struttura pre partenza dimostri in una certa misura la valenza politica di quello che sto facendo. La spina dorsale anarchica dell'andare a vedere cosa succede in giro. Perchè sto andando via? Perchè si.
Del resto, citando Vonnegut, l'uomo è fatto per andare in giro a cazzeggiare.

Spot: ho messo da parte i libri che porterò via. Al momento sono di una quantità impensabile per rispettare l'imperativo che mi son imposto (viaggia leggero), ma anche il limite dei venti chili che ben più realisticamente mi impone Air Canada. Al momento sono sicuro che nel bagaglio a mano ci sarà Camus con La peste che me l'han regalato i coinquilini ormai ex. Poi è estremamente probabile che avrò a mano Calvino di cui devo leggere le Cosmicomiche. Per il resto dovrò fare delle scelte ma vi terrò informati che a mio avviso la domanda "quali libri ti porti?" è la domanda più importante di tutte, per quanto riguarda questo viaggio.
Ah, dimenticavo, di sicuro mi porto Walden di Thoreau di cui devo completare la seconda rilettura.

Bea tosi