Manca poco alla partenza e comincio ad essere agitato. Purtroppo non ho ottenuto i mille dollari di borsa di studio e non ho ancora capito perchè. Sto perdendo fiducia nella bontà del progetto. Mi sto convincendo che l’antropologia deve essere attiva e mirare al cambiamento in positivo. A cosa contribuisce la mia ricerca? Da Iglulik non ho notizie quindi dubito che riuscirò a trovare un alloggio da quelle parti. E’ un peccato che si stiano comportando così male perchè davvero ci tenevo a visitare quella comunità, poteva essere un punto di svolta per la tesi. Vabbè aspettiamo il tempo che mi resta prima di partire e vediamo come va. Potrei rischiare di passare quattro mesi ad Iqaluit, speriamo di no perchè non so quanto possa essermi utile.
Credo sia opportuno partire con un bagaglio di domande e di approcci il più vasto possibile. Dall’antropologia urbana all’antropologia dell’ambiente o dello spazio, che comunque vorrei rimanesse il centro del mio lavoro di ricerca. Le storie sono i margini, il corollario, ma al centro tengo il rapporto uomo-luogo. E’ questo che voglio fare. Uso critico dei concetti di pratiche, narrazione e rappresentazione.
Come si costruisce il paesaggio nella memoria degli inuit: storie e narrazioni; questo potrebbe essere un buon titolo, un buon approccio. Ricordarsi di raccogliere più materiale possibile.
Sarebbe bello seguire Mosha nei suoi spostamenti, ma credo che la cosa sia un po’ infattibile. Controllare le mail e scrivergli ancora.
Mosha Folger è un poeta di madre inuit e papà di Brooklyn. Vive e lavora a Ottawa realizzando performance di spoken poetry, video, e dischi simil hip-hop. L'ultimo lavoro interessante è un disco in uscita il 9 luglio. Il titolo è ESKIMOCENTRICITY.
Ve lo ripoterò ad ottobre assieme al mio parere.
Un altro progetto che però prosegue a rilento e che mi sarebbe tanto piaciuto seguire è un videodocumentario che Mosha e la sorella vorrebbero realizzare ripercorrendo gli spostamenti della mamma inuk, mancata prematuramente quando i due erano adolescenti.